La storia del tamburo si perde nella notte dei tempi. Già in epoca preistorica vi sono segni della
presenza di questo strumento.
Spesso è raffigurato durante i riti di guarigioni compiuti da sacerdoti e sacerdotesse dell'antichità. Il tamburo ha assunto nel corso degli anni diverse forme e particolarità. Il tamburello è l'espressione più tipica di questo strumento, è di dimensioni abbastanza contenute e con diversi sonagli. La tammorra, di dimensioni maggiori, è caratterizzata dall'assenza di sonagli e per questo ha un suono meno squillante. Il tamburo imperiale con la cassa di ottone e il tamburo medievale con la cassa di legno sono caratterizzati dalla tecnica di suono che prevede la percussione della membrana mediante mazzuoli. Oggi l'uso del tamburo nelle sue diverse forme è soprattutto diffuso nell'Italia meridionale dove è fortemente radicata la tradizione popolare. A Gangi il tamburo imperiale è impiegato ormai da alcuni secoli durante le festività religiose grazie ai tamburinari che percuotono con passione e tradizione i tamburi imperiali adornati con i colori della Confraternita di appartenenza. Anche le numerose formazioni di musica popolare utilizzano il tamburello e la tammorra per le esibizioni. La costruzione del tamburo è un rito carico di tradizione che rivive grazie all'attività artigianale di Fabrizio Fazio. Le fasi di lavorazione prevedono l'impiego di materiali poveri che altrimenti andrebbero persi. Si impiegano infatti pelli di capra, latta e setacci di legno. Dopo aver trattato la pelle di capra in modo tale da evitarne la putrefazione viene fissata alla cassa di legno mediante spilli. Dove previsto sulla cassa vengono praticate asole per l'inserimento dei sonagli di ottone e di latta temperata. Ottenuto lo strumento si passa alla decorazione che viene compiuta con tecniche diverse e tale da renderlo ancora più unico e spettacolare. Il risultato finale è un gioiello, una creazione unica dal suono inconfodibile. |